In-depth analysis
Biologia, 2004 - Ben Wilson dell'Università della Columbia Britannica, Lawrence Dill della Simon Fraser University, Canada, Robert Batty dell'Associazione Scozzese per le Scienze Marine, Magnus Wahlberg dell'Università di Aarhus, Danimarca, e Håkan Westerberg del Comitato Nazionale Svedese per la Pesca, per aver reso noto che le aringhe, apparentemente, comunicano con le flatulenze.
Il formarsi di un banco di pesci parte innanzi tutto da una loro risposta a potenti stimoli esterni (come la presenza di cibo o di una luce che li attrae), capaci di farli confluire tutti insieme in quella direzione. Ma si tratta anche di un efficace e astuto meccanismo di difesa nei confronti dei predatori: tutti insieme riescono ad avvertirne la presenza molto meglio che singolarmente, e possono fare in modo di confonderli improvvisando un'apertura del gruppo a ventaglio o a fontana per poi richiudersi immediatamente alle loro spalle, o di fuggire disperdendosi in varie direzioni che li disorientano. Inoltre, il muoversi tutti ordinatamente in parallelo tra loro come se fossero un singolo organismo, sincronizzando cambiamenti di direzione e di velocità e mantenendo sempre una distanza fissa l'uno dall'altro, li rende meno individuabili singolarmente.
Ma come riescono a coordinarsi?
Per rispondere a questa domanda sono state usate oltre 400 aringhe prelevate sia dall'Atlantico che dal Pacifico. Messe in due vasche (una con accesso all'aria superficiale e l'altra no) a gruppi di 20, sono state videoregistrate per 120 minuti e i loro rumori attentamente analizzati. In un secondo momento, una delle due vasche è entrata a contatto con una terza contenete uno squalo.
Analizzando i video, si è potuto scoprire che le aringhe producono, di notte, suoni di origine anale FRT (Fast repetitive Tick) (gioco di parole con FART, il termine inglese per “peto”) della frequenza di 22 kHz circa. A quanto pare, i peti ad alta frequenza permettono ai singoli esemplari della specie di comunicare con gli altri indicando la corretta direzione di crociera, soprattutto la notte.
Non è verificato se vengono utilizzati anche per segnalare la presenza di eventuali predatori, mentre si è potuto appurare che l'accesso alla superficie per immagazzinare aria non è strettamente necessario: pare, infatti, che riescano a immagazzinare e stipare l'aria durante poche boccate, per poi riutilizzarla a piacimento.
Passando da un tipo di turbolenza all'altro, il metodo delle aringhe ricorda (anche se con motivazioni differenti) quello degli uccelli che volano in formazione a “V”. Uno di questi vola al vertice e tutti gli altri lo seguono sistemandosi in un doppio schieramento, nel quale ciascun individuo vola con una traiettoria parallela a quello che lo precede, ma leggermente spostata verso l’esterno. Tale formazione viene adottata sia durante brevi spostamenti che per i trasferimenti migratori e viene scelta per ragioni aerodinamiche. Solo così, infatti, ogni elemento dello stormo riesce a sfruttare i vortici generati dall'uccello che lo precede, vortici che spingono in avanti l'uccello che vola dietro. L’uccello che apre la formazione fa dunque necessariamente più fatica degli altri, e per questo è previsto un cambio periodico nel ruolo di apripista. Non tutte le specie però scelgono questo tipo di volo, tipico per esempio delle oche e dei cormorani. I passeriformi, uccelli più piccoli e leggeri, volano sparsi o a gruppi, e ciononostante sono tra quelli che compiono i più lunghi tragitti di migrazione.